“Non ho bisogno di Dio; sono abbastanza capace di costruire
da solo i miei inferni ed i miei paradisi”
Un uomo solo è in scena; in piedi, davanti ad altri uomini.
In sé tutte le possibilità: egli è il potere.
E’ solo; come un uomo che fa domande ad un Dio che traccia segni nella sabbia, invece di rispondere, assente. Il suo Dio è ritornato, come si racconta nel romanzo di Fëdor Dostoevskij, ma ci viene concessa la libertà del dubbio anche su questo. Accanto a lui gli strumenti per amplificare sé stesso; le proprie giustificazioni, i propri alibi, il tentativo continuo di perdonarsi, per costruire
l’immaginario del mondo dove scegliere liberamente in forma di costrizione.
Francesco Chiantese porta in scena un suo testo originale volutamente effimero e che non sarà mai
completato; si rinnoverà ad ogni recita stratificandosi. Inglobando riscritture, reazioni, elementi che provengono dal quotidiano; il riferimento centrale, tanto che lo spettacolo può esserne considerato una riscrittura, è alla “Leggenda del grande inquisitore” contenuta de “I Fratelli Karamazof“ di Fëdor Dostoevskij. Anche l’allestimento della scena, così come le azioni, diventano rarefatte e e
liminali mettendo, esperienza in un certo senso nuova per il fondatore di Accademia Minima, al centro della relazione con gli spettatori esclusivamente la voce e quindi la parola.
FRANCESCO CHIANTESE:
Toscano d’adozione napoletano di nascita, è un artigiano teatrale; Accademia minima è la sua bottega teatrale. Ecco come è definita nete note della rivista PAC per la candidatura al premio nazionale Rete Critica del 2021:
“Accademia Minima è una bottega di artigianato teatrale e di strumenti di dialogo. Guidata da Francesco Chiantese, risiede alla Corte dei Miracoli di Siena. Vive di artigianato delle relazioni, per questo sia la pedagogia che il mestiere vengono agiti con umanità e condivisione. È necessario considerare l’altro come un dono da accogliere con delicatezza. Gli spettacoli di Accademia Minima sono riti sociali quasi esoterici, alla ricerca di uno sguardo “spirituale” sulla realtà che si accompagni all’immaginazione, per cogliere la fonte della necessità di esprimersi attraverso l’arte. Non sono immediati, chiedono piuttosto di essere aspettati con pazienza e partecipazione. Quando ogni cosa è possibile quanto il suo contrario, l’ispirazione è dono inspiegabile, scommessa con il destino. È pura, autentica visione.”